storie di cinema


per soldi e per arte

 

Il cinema è, e rimane, un’impresa commerciale che richiede grossi sforzi economici per la sua produzione. Evidentemente nessun produttore può permettersi di rinunciare a divulgare il proprio film all'esteroo, così la traduzione, nel senso più esteso del termine, è necessaria alla sopravvivenza del cinema stesso.

Qualsiasi forma di traduzione di un libro o di un film, ha un effetto “deformante”, perché i contenuti vengono espressi in un’altra lingua con tutte le differenze, anche minime, che ne derivano. Una traduzione perfetta si potrebbe definire soltanto come la più vicina all’originale. Tuttavia questa è l’unica possibilità che abbiamo per diffondere un’opera letteraria o cinematografica. La prima regola del traduttore sarà quindi quella di rispettare al massimo le intenzioni dell’autore e il valore dell’opera originale.

Nel 1927 l'invenzione del sonoro nel cinema, creò l’esigenza di diffondere all'estero i film parlati. Le case di produzione americane capirono che non potevano rinunciare al mercato europeo e che gli europei avrebbero preteso qualcosa di più dei sottotitoli. Tra i mercati più ricettivi spiccava proprio quello italiano. Il regime fascista però si oppose fin dall’inizio alla diffusione delle lingue straniere e quindi di altre culture in Italia, vietando la proiezione di film in lingua straniera sul nostro territorio con una legge varata nel 1930.

Gli importatori furono costretti a fare un passo indietro, cioè a rendere muti dei film sonori, ma essendo cambiato il modo di narrare, i cartelli inseriti tra le scene diventavano troppo lunghi, scomodi da leggere e sgraditi al pubblico italiano. All’epoca le sale dotate di sistema sonoro erano poche, così la situazione rimase immobile per qualche tempo.

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