storie di cinema


sceneggiatori del muto


Prima dell’avvento del sonoro gli sceneggiatori si limitavano a descrivere le situazioni che sarebbero comparse sullo schermo, il dialogo invece si limitava a brevi frasi scritte sui cartelli o a descrizioni generali come “Spunta l’alba” “La casa di Jane” “Il giorno dopo”.

Quando arrivò il sonoro le difficoltà aumentarono in modo esponenziale. Era necessario scrivere i dialoghi e soprattutto bisognava trovare persone in grado di scrivere dialoghi credibili. Non era facile. Anche i produttori in grado di giudicare se i dialoghi erano scritti bene o no, non erano molti, insomma bisognava creare un mestiere, affinare una sensibilità, risolvere un problema spinoso.

Vennero interpellati autori che scrivevano per il teatro, ma non conoscevano il mezzo cinematografico. Nel caso delle commedie a loro furono affiancati dei gagman, inventori di battute e situazioni spiritose, che divennero dei veri e propri pilastri delle produzioni anche se non erano in grado si scrivere da soli delle sceneggiature. Ma chi erano questi gagman? Erano vecchie glorie del teatro leggero o scrittori di fumetti o addirittura degli scrittori di didascalie del cinema muto che finalmente potevano esprimersi liberamente.

Anita Loos autrice del romanzo “Gli uomini preferiscono le bionde” appartiene all’esiguo gruppo di professionisti che passò con disinvoltura dal cinema muto al sonoro. Era ricercatissima e tra le più pagate sceneggiatrici dell’epoca.  Lavorava in coppia con il marito, il commediografo John Emerson e scrisse commedie e drammi per Douglas Fairbanks e per Greta Garbo. Anita Loos è stata una delle migliori sceneggiatrici di Hollywood anche se a quei tempi suo marito era più famoso di lei quello a cui veniva attribuita tutta la gloria.

Un altro nome importante quello di Frances Marion, che si mise in evidenza per aver creato dei bellissimi adattamenti per il cinema di opere di altri autori. Nel corso della sua carriera scrisse più di 150 film tra cui numerosi western, dimostrando preziose doti nella visualizzazione del racconto e nel mettere a fuoco personaggi adatti a divi e divine. Nonostante, nei primi anni Trenta, ricevesse un altissimo stipendio settimanale, la Marion partecipò alle attività sindacali degli sceneggiatori, ricoprendo la carica di vicepresidente della Screen Writers Guild.

Conquistò il suo primo Oscar con The big house (1930, Carcere) di George Hill, cui seguì il secondo nel 1932 con The champ (1931, Il campione) di King Vidor. Da notare che tra le sue opere più originali ci sono film d'azione di successo come The big house e The secret six (1931) di George Hill, che si svolge tra i macelli e i saloon di Chicago. 

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