storie di cinema


tratto da “La Storia del Cinema Muto in Italia” di Maria Adriana Prolo


Editrice Poligono, Milano 1951, di cui conservo gelosamente una copia, un articolo che parla dei primi filmetti Lumière.

A Milano essi appaiono nella primavera del 1896. Ne dà l’annunzio in una rivista scientifico-letteraria del tempo “Il Progresso Fotografico”, un pioniere della fotografia, Rodolfo Namias.

Per gentile invito del signor Calcina, rappresentante per l’Italia della Casa Lumière, potemmo assistere ai primi d’aprile all’inaugurazione degli spettacoli di fotografia animata con cinematografo dei fratelli Lumière, dati al Teatro Milanese. I miei lettori si ricorderanno che di questo apparecchio ebbi a tener parola nel “Progresso” di giugno dello scorso anno a proposito di una mia visita allo stabilimento Lumière di Lione.

Ora l’apparecchio notevolmente perfezionato, presenta all’occhio, proiettate sopra una tela di grandezza talvolta sino al naturale, scene animate con una verità tale da far strabiliare. Così si osserva uno sbarco, una scena fra due bambini, il lavoro di due fucinatori, una marina (in cui le onde si muovono con una fedeltà straordinaria) qualche scena comica ecc. ecc. Il principio su cui si fonda questo apparecchio è semplice e ingegnoso.

E’ noto che nel così detto Kinetoscopio Edison si ha una quantità enorme di fotografie di una stessa scena, che passando con moto uniforme e con rapidità assai notevole davanti all’occhio riproducono i movimenti, ma il fatto che vi occorrono un numero straordinario di fotografie (sino a 59 al minuto secondo) rende assai difficile prendere delle scene naturali, limita assai la lunghezza della scena non potendosi avere delle casse di dimensioni rilevanti o stanze intere per contenere le pellicole (nelle quali i soggetti non possono essere che assai piccoli) e oltracciò affatica l’occhio che deve concepire in un brevissimo istante un gran numero d’immagini.

I signori Lumière hanno pensato di togliere l’uniformità al moto della pellicola e tenere relativamente lungo il tempo in cui la pellicola sosta davanti all’obbiettivo per prendere l’immagine davanti all’occhio per fargli concepire l’immagine stessa, procurando invece che sia rapidissimo lo scambio.

Così facendo è facilitato assai il compito di chi fotografa scene animate, perché la posa è sufficientemente lunga per aversi buone immagini senza speciali preparazioni sensibili e senza speciali condizioni di luce.

L’immagine stando dinanzi all’occhio un tempo abbastanza lungo, la retina concepisce e trattiene bene l’immagine senza affaticarsi troppo ed inoltre, sempre pel fatto che il tempo che l’immagine sta ferma è relativamente lungo, si ha il tempo di proiettare l’immagine sopra uno schermo e così vedere le immagini in grandezza naturale o per lo meno in scala notevole.

Questi spettacoli di fotografia animata hanno fatto furore dovunque, ed a Milano il pubblico accorse in gran folla tutti i giorni ad ammirarli. E presto in tutte le principali città d’Italia sarà dato di ammirarli.

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