Un'esigenza irrinunciabile

Arnoldo Foà, Rina Morelli, Bruno Persa, Wanda Tettoni e Lauro Gazzolo

Necessità del doppiaggio

Dall’epoca del muto è trascorso quasi un secolo, ma il cinema continua a destare entusiasmo e passione, è un evento quotidiano non solo nella sale cinematografiche, ma anche nelle nostre case attraverso il mezzo televisivo.

Ricordo i primi tempi della televisione, l’unico canale Rai trasmetteva un film alla settimana. Non ne perdevamo uno, la rarità dell’evento rendeva tutto più emozionante. Oggi invece abbiamo mille canali e spesse volte passiamo da uno all’altro, da un film all’altro senza deciderci quale vedere. E’ la crisi dell’abbondanza, ma anche la prova che il cinema è diventato parte della nostra vita. Sicuramente questo successo è dovuto al fatto che la traduzione ha permesso a tutti di fruire del cinema, di scoprire universi lontani dalla quotidianità, di capire, di sapere, di sognare.

La musica, la pittura e la scultura sono linguaggi universali che non necessitano di traduzione. La letteratura, invece, per essere diffusa, deve trovare il suo corrispettivo nelle lingue parlate nei vari paesi del mondo. Per il cinema la situazione è la stessa. Prima dell’avvento del sonoro, bastava sostituire i cartelli che recavano le battute o i brani di narrazione in lingua originale con quelli tradotti, e sostanzialmente l’opera rimaneva la stessa.

Con il sonoro le cose si sono complicate. I puristi del cinema non hanno mai visto di buon occhio il doppiaggio o qualsiasi altra forma di traduzione di un film, per loro anche i sottotitoli sono una sorta di profanazione, come vedere ricoprire di scritte parte di un dipinto d’autore, figuriamoci cosa possono pensare di un procedimento che va addirittura a sostituire le voci degli interpreti originali. Qualcuno scrisse con raccapriccio: “…non si tratta di tradurre un dialogo, si tratta di tradurre un attore, cioè una sostanza umana e una fantasia e una tecnica”.

Idea condivisibile, ma poco applicabile. Il cinema è, e rimane, un’impresa commerciale che richiede grossi sforzi economici per la sua produzione, evidentemente nessun produttore può permettersi di ragionare come un purista e la traduzione, nel senso più esteso del termine, è necessaria alla sopravvivenza del cinema stesso. Qualsiasi forma di traduzione di un libro o di un film, ha un effetto “deformante”, perché i contenuti vengono espressi in un’altra lingua con tutte le differenze, anche minime, che ne derivano.

Una traduzione perfetta si potrebbe definire soltanto come la più vicina all’originale. Tuttavia questa è l’unica possibilità che abbiamo per diffondere un’opera letteraria o cinematografica. La prima regola del traduttore sarà quindi quella di rispettare al massimo le intenzioni dell’autore e il valore dell’opera originale.

Nel 1927 l'invenzione del sonoro nel cinema, creò l’esigenza di diffondere all'estero i film parlati. Le case di produzione americane capirono che non potevano rinunciare al mercato europeo e che gli europei avrebbero preteso qualcosa di più dei sottotitoli. Tra i mercati più ricettivi spiccava proprio quello italiano. Il regime fascista però si oppose fin dall’inizio alla diffusione delle lingue straniere e quindi di altre culture in Italia, vietando la proiezione di film in lingua originale sul nostro territorio con una legge varata nel 1930.

Gli importatori furono costretti a fare un passo indietro, cioè a rendere muti dei film sonori, ma essendo cambiato il modo di narrare, i cartelli inseriti tra le scene diventavano troppo lunghi, scomodi da leggere e sgraditi al pubblico italiano. All’epoca le sale dotate di sistema sonoro erano poche, così la situazione rimase immobile per qualche tempo.

 

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